SEI DOMANDE SUL HOLODOMOR
Cosa vuol dire holodomor?
La parola holodomor fu coniata dalle comunità ucraine all’estero, già prima che il loro paese proclamasse l’indipendenza nel 1991, ed è formata dal sostantivo holod (che significa sia carestia sia fame) e dal verbo moryty (far morire, sterminare). Il termine designa così la grande fame che, dall’autunno 1932 alla primavera1933, decimò la popolazione agricola dell’Ucraina: un affamamento provocato ad arte e messo in atto da regime comunista di Mosca contro i contadini ucraini.
Perché Stalin fece ricorso a questi mezzi estremi per domare la resistenza dei contadini che si opponevano alla collettivizzazione?
Il holodomor avvenne al culmine della collettivizzazione forzata delle campagne, attuata in tutta l’URSS a partire dal 1929. Da un giorno all’altro, per decisione del regime comunista, decine di milioni di contadini furono costretti ad abbandonare il loro modo di vivere e di produrre e a consegnare bestiame e attrezzi alle fattorie collettive, dov’erano destinati a lavorare pressoché gratuitamente per lo Stato diventando di fatto servi della gleba. Ciò spiega la loro accanita resistenza, le rivolte, la macellazione del bestiame. Quella terribile guerra sociale tra mondo rurale e Stato comunista provocò il caos produttivo e spaventosi costi umani con centinaia di migliaia di arrestati, di fucilati, di deportati, di morti. Non riuscendo a domare la ribellione contadina neppure con le più feroci repressioni e paventando il ricorso all’esercito (che, essendo in gran parte miliziano, avrebbe potuto schierarsi dalla parte della popolazione), il regime di Stalin optò per una misura estrema. Utilizzando la carestia in atto, il governo comunista decise di infliggere un tremendo e silente castigo alla popolazione delle campagne decimandola per fame. Si cominciò ad estorcere il grano e gli altri prodotti agricoli con ogni mezzo: gli attivisti del partito comunista e i poliziotti, come segugi, perlustrarono a tappeto i villaggi, razziando tutte le derrate alimentari. Vennero istituiti posti di blocco in Ucraina e nel Caucaso settentrionale (dove maggiormente infuriava la carestia), per arrestare la fuga dei contadini affamati, e fu impedita ogni forma di soccorso. Perirono così in Ucraina, fra atroci sofferenze, milioni di uomini, donne, vecchi, bambini.
Le vittime della grande carestia causata dalla politica agraria di Stalin furono solo gli ucraini?
Le vittime della collettivizzazione e della fame, causate dalla politica agraria di Stalin, furono all’incirca sei milioni, dei quali quasi i due terzi perirono in Ucraina. Fu una catastrofe demografica, che si abbatté su quasi tutti i territori dell’Unione Sovietica. Terribile fu la sorte degli allevatori del Kazachistan, dove scomparve un numero altissimo (circa un milione e mezzo) di pastori nomadi (un terzo del totale). Viene da osservare che, dei popoli facenti parte dell’URSS, gli ucraini e i kazachi furono quelli che pagarono il più alto tributo alla cosiddetta «costruzione del socialismo»; e, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, fu un atto di suprema ingiustizia privare l’Ucraina e il Kazachistan dell’arsenale nucleare, consegnato interamente alla Federazione russa, che ha così potuto far da padrona verso i popoli liberatisi dalla dominazione di Mosca.
Gli abitanti delle campagne furono decimati in quanto contadini o subirono quel castigo anche per altre ragioni?
La guerra contro il mondo contadino, scatenata con la collettivizzazione, intendeva distruggere le piccole aziende indipendenti in nome della «costruzione del socialismo» (cioè della statalizzazione di tutti i mezzi di produzione), ma mirava anche a sradicare l’identità culturale e religiosa della popolazione rurale per creare l’«uomo nuovo sovietico»; la guerra alla religione e ai luoghi di culto, infatti, fu parte integrante della campagna per la collettivizzazione delle campagne. Un siffatto progetto di ingegneria economica e socio-culturale investì l’intera popolazione rurale dell’URSS (che allora rappresentava oltre l’80 per cento degli abitanti). Ma in alcune regioni e repubbliche dell’Unione Sovietica, come in Ucraina, la guerra condotta dal regime comunista durante la collettivizzazione ebbe anche altre finalità, in primo luogo la lotta al «nazionalismo borghese».
È lecito parlare di genocidio?
L’enorme cifra delle vittime del holodomor (secondo calcoli attendibili, da tre a quattro milioni) giustifica il termine di genocidio, usato in Ucraina e accettato da molti anche all’estero. Fu un vero e proprio sterminio per fame, che gli ucraini considerano a ragione la pagina più nera della loro storia nazionale. Se l’entità della tragedia giustifica, già di per sé, l’uso del termine genocidio, resta comunque da capire di che natura fu nella fattispecie quel genocidio. Bisogna inoltre interrogarsi perché il maggior numero delle vittime della grande fame del 1932-1933 si ebbe proprio in Ucraina. Che quella spaventosa carestia sia stata un genocidio sociale, cioè il crudelissimo strumento usato da Stalin per stroncare la resistenza contadina e per annientare l’identità del mondo rurale, fu ammesso subito dopo il crollo del regime comunista nell’URSS persino da alcuni storici russi, i quali negarono però che si fosse trattato di genocidio nazionale contro il popolo ucraino. Oggi, con la rivalutazione di Stalin, nessuno in Russia oserebbe più stigmatizzare gli orrori della collettivizzazione.
In ogni caso, il holodomor non fu soltanto un genocidio sociale mirante ad assoggettare i laboriosi agricoltori ucraini, che non intendevano rinunciare alla loro indipendenza economica e alla loro identità. Assieme alla guerra senza quartiere contro i contadini, Stalin sferrò un attacco all’intellighenzia ucraina, che il governo di Mosca considerava i pericolosi rappresentanti del «nazionalismo borghese». Fu represso anche il partito comunista ucraino, giudicato infido e disubbidiente, perché non sempre prono ai voleri del Cremlino, e venne sciolta e perseguitata la Chiesa autocefala ucraina, indipendente dalla Chiesa ortodossa di Mosca. Come interpretare tutto ciò se non come segni della volontà di annullare i piccoli spazi di autonomia, di cui l’Ucraina ancora godeva? D’altronde, proprio negli anni della collettivizzazione la coscienza patriottica dei contadini ucraini aveva fatto passi da gigante, individuando nel giogo comunista e moscovita la vera causa dei mali della loro terra. Per queste ragioni, è lecito, a mio parere, parlare di genocidio sia sociale sia nazionale. Furono fatti morire tra indicibili tormenti milioni di laboriosi agricoltori, che provvedevano a tener pieno il «granaio d’Europa», e scomparve il fior fiore dell’intellighenzia, che curava la memoria storica della nazione.
Che significato ricopre oggi il ricordo e la commemorazione di questo tragico evento?
Essendo assurto a doloroso simbolo del calvario nazionale dell’Ucraina, il holodomor dev’essere conosciuto da quanti vogliono capire i sentimenti più profondi di quel popolo. Con la brutale aggressione all’Ucraina, oggi la Russia contribuisce ad aprire le antiche ferite, facendole sanguinare ancora una volta. Ad un popolo, ieri orrendamente sfregiato ed oggi nuovamente straziato, deve andare la solidarietà dell’umanità civile e di quanti hanno a cuore le sorti del diritto internazionale, della giustizia e della pacifica convivenza tra le nazioni.
© Tutti i diritti riservati.
Ettore Cinnella, specialista di storia russa e allievo della Scuola Normale Superiore, ha insegnato per molti anni Storia contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa. Ha scritto numerosi saggi di storia russa e di storia moderna e contemporanea, tradotti in diverse lingue. Il suo libro Ucraina. Il genocidio dimenticato ha avuto in Italia un grande successo di critica e di pubblico.
Tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933 sei milioni di contadini nell’URSS furono condannati a morire di fame: quasi i due terzi delle vittime erano ucraini. Quella carestia di proporzioni inaudite non fu dovuta ai capricci della natura, ma venne orchestrata da Stalin per punire i ribelli delle campagne che, in tutta l’URSS, si opponevano alla collettivizzazione imposta dall’alto. In Ucraina lo sterminio dei contadini, il cosiddetto holodomor, s’intrecciò con la persecuzione dell’intellighenzia e con la guerra al sentimento patriottico di un popolo. Sulla base della documentazione emersa dopo il crollo dell’URSS, il libro ricostruisce quei drammatici avvenimenti e spiega le motivazioni che spinsero Stalin a prendere decisioni così spietate.
Scoprite il catalogo Della Porta Editori, la vostra casa editrice specializzata in libri di storia.