La storia di un genere letterario «minore» che, a più di 2500 anni dalla sua fioritura, continua a inquietare la nostra coscienza etico-politica: la favola esopica come voce delle plebi antiche e demistificazione, tanto lucida quanto rassegnata, della violenza insita nella società umana.
Nata in Mesopotamia, la favola antica fiorì nel mondo greco-romano, ai margini della cultura alta delle classi superiori, come particolare genere letterario dove si depositò la visione del mondo e della vita maturata dagli schiavi attraverso i secoli.
Con i suoi messaggi asciutti, la favola esopica ci dice che sono le questioni cruciali dell’esistenza – vincere o perdere, pensare o agire al momento giusto, saper giocare di forza o d’astuzia – quelle che occupano la mente di quanti sono costretti a lavorare, ovvero dei ceti subalterni, che nelle società antiche erano prevalentemente gli schiavi.
La morale che viene fuori dalla favolistica greca e latina, quella che La Penna chiama «la sapienza degli schiavi», è dominata da un’amara rassegnazione: nel mondo degli uomini non vi è alcun intervento della divinità, e il potere è nelle mani dei più forti, dei più violenti, dei più astuti, non dei più giusti. L’astuzia, l’abilità, l’energia servono solo per sopravvivere in un mondo siffatto, ed è illusoria ogni speranza di mutarne le leggi fondamentali. La favola esopica, sebbene priva di qualunque connotato rivoluzionario, fu un passo decisivo nel distacco dalla cultura religiosa e nell’elaborazione di una cultura laica popolare.
La raccolta degli scritti di La Penna sulla tradizione esopica in Grecia e a Roma, ad opera di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini, conferma ancora una volta il valore dei classici come strumento per affrontare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo.
Antonio La Penna (Bisaccia 1925 – Firenze 2024) è stato uno dei più eminenti studiosi del mondo classico a livello nazionale e internazionale. Professore di letteratura latina nelle università di Pisa e Firenze, ha insegnato anche filologia latina alla Scuola Normale di Pisa. È autore di oltre seicento pubblicazioni che riguardano principalmente la cultura letteraria latina e la fortuna dell’antico nel mondo moderno. Il suo nome è legato in particolare a monografie e a contributi su Orazio, Sallustio, Properzio, Virgilio e Ovidio. Per i tipi della nostra casa editrice sono usciti il libro-intervista Io e l’antico, a cura di Arnaldo Marcone, e i saggi La favola antica. Esopo e la sapienza degli schiavi e Filologia e studi classici in Italia tra Ottocento e Novecento. Volume primo, a cura di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini.
Giovanni Niccoli, classe 1949, dopo la laurea a Firenze in lettere classiche, ha lavorato in editoria (Bollati Boringhieri).
Stefano Grazzini (Firenze 1967) è professore di filologia classica all’Università di Salerno. Si è occupato di letteratura latina, edizione di scholia ad autori antichi, esegesi e ricezione dei classici, linguistica.
★★★★★ «Il compito che i curatori, d’intesa con l’autore, si sono assunti e hanno ottimamente realizzato è stato di dare attuazione nel miglior modo possibile a un progetto su cui La Penna aveva a lungo meditato, fin da giovane, e a cui molto aveva lavorato, ma che a un certo punto aveva lasciato cadere, nell’urgere e nell’incrociarsi di una quantità di interessi, problemi e progetti diversi e fra le tante diverse realizzazioni della sua instancabile attività di studioso». Mario Citroni, RIVISTA DI CULTURA CLASSICA E MEDIOEVALE
★★★★★ «Il resto lo fa la felicissima scrittura di La Penna, che rende godibile la lettura anche ad un pubblico di non specialisti». Tommaso Raiola, VICHIANA
★★★★★ «Il materiale favolistico, riguardato dalle origini e nel suo significato per il mondo antico, ebbe un ruolo notevole, come momento di cultura “popolare”, e come portatore quindi, forse più dei proverbi, di una visione della vita e del mondo. Lumeggiare questo e altri aspetti di tali testi è lo scopo dell’approfondito e ampio volume di Antonio La Penna». Carlo Franco, ALIAS – IL MANIFESTO
★★★★★ «In parte, la morale contadina, spesso venata di pessimismo, di rassegnazione, di prudenza, fondata sulla religione del lavoro e dell’onestà, non è molto distante da quella esopica e fedriana, che non vedono possibilità di un riscatto, di un reale cambiamento della condizione degli ultimi». Paolo Saggese, QUOTIDIANO DEL SUD
★★★★★ «Letto tutto il tomo, ho voglia di riprendere fra le mani tutte le favole di Esopo e di Fedro, per capirle fino in fondo, da adulta». Luciana Grillo, L’ADIGETTO
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