Cosa ci insegnano le università del Medioevo
Casimiro III (1333-1370) fu il solo re polacco ad essere insignito dai posteri del titolo di Grande. Fu lui a porre fine alla frantumazione dei ducati polacchi e a creare uno Stato centralizzato. Casimiro gettò anche le basi ‒ salde e quasi miracolose, alla luce di quanto accaduto in secoli a noi vicini ‒ della tolleranza verso gli ebrei, ai quali garantì libertà di culto e di commercio, tutela delle persone fisiche, autonomia giudiziaria. Per il suo equanime atteggiamento verso i vari ceti sociali, Casimiro fu chiamato, con evidente esagerazione, il «re contadino». Egli non abolì certo il dominio signorile sulla gente di campagna; tuttavia, gli statuti da lui emanati offrirono una qualche tutela agli abitanti dei villaggi.
Casimiro è altresì noto per aver fondato l’università di Cracovia, ispirandosi ai modelli di Bologna e di Padova. Fu questo uno degli atti più illuminati del suo governo, anche per le motivazioni e i criteri che lo sorressero. Nel documento istitutivo (maggio 1364) si auspicava che a Cracovia nascesse «il fior fiore (margarita) delle scienze» e si formassero «uomini eminenti per saggezza, ornati delle più nobili virtù ed eruditi nei vari campi del sapere». Il re voleva che nella capitale polacca convenissero, per attingere alle fonti del sapere, non solo gli abitanti del regno e delle terre vicine, ma anche persone «provenienti liberamente e in tutta sicurezza dalle diverse parti del mondo». Per render operante il suo progetto cosmopolitico, Casimiro elencava le garanzie offerte ai forestieri che si recassero a Cracovia: libero transito e abolizione d’ogni pedaggio e dazio per le persone e per le loro cose.
A tutti gli studenti, poi, il sovrano prometteva garanzie materiali, prescrivendo norme dettagliate tese ad impedire che gli abitanti della città esigessero dagli stranieri prezzi esosi per il vitto e l’alloggio. La tutela regale si estendeva anche alla condizione giuridica degli allievi, i quali avrebbero goduto di protezione contro eventuali furti e danni e sarebbero stati giudicati dal rettore nelle liti civili e nelle piccole cause penali. Del resto, tutte le componenti del mondo universitario ‒ dai professori ai bidelli ‒ avevano pari dignità ed erano affidate alle cure del rettore. Gli studenti, inoltre, avevano voce in capitolo nella scelta dei docenti, la cui nomina doveva poi esser confermata dalle autorità statali.
Potrebbe sembrare, quello progettato nell’atto di fondazione, un mondo chiuso e corporativo; e, in parte, lo era. Tuttavia, non mancavano gli antidoti: «nessun maestro o dottore potrà esser eletto rettore; e uno studente divenuto rettore non verrà ammesso a nessun esame privato di nessuna facoltà durante il suo rettorato». Val la pena ricordare che, a quei tempi, il rettore scelto democraticamente godeva di grande prestigio e autorità, ma restava in carica pochi mesi (al massimo un anno).
Non bisogna pensare che l’attenzione del sovrano polacco verso l’istruzione d’eccellenza fosse un fatto isolato o raro tra le teste coronate dell’epoca. Nel 1348 l’imperatore Carlo IV aveva fondato l’università di Praga e, pochi anni prima, papa Clemente VI con una sua bolla aveva dato vita a quella di Pisa; nel 1365 sorgerà lo studium di Vienna. Da oltre due secoli esistevano nell’Europa occidentale istituzioni universitarie, sorte all’origine come comunità di allievi e professori (universitas magistrorum et scholarium) o anche di soli studenti (universitas scholarium). Le autorità laiche ed ecclesiastiche poi intervenivano ponendo sotto la loro tutela le nuove forme d’insegnamento superiore, senza peraltro soffocarle. Era stato l’imperatore Federico Barbarossa ad emanare, nel 1158, il privilegium scholasticum, che consentiva tra l’altro ad allievi e maestri di recarsi e di soggiornare liberamente nei «posti dove si insegna la scienza».
Bisogna aggiungere che, talvolta, anche i sovrani più amanti del sapere cedevano alla tentazione di dare un’impronta autoritaria all’istituzione culturale da loro creata. Fu questo il caso di Federico II, il quale donò all’ateneo bolognese parte della sua preziosa biblioteca e, in una celebre lettera, evocò con alate parole la gioia derivante dalla lettura e dallo studio. Quando però, nel 1224, fondò l’università di Napoli, concesse agevolazioni a quanti intendessero soddisfare «la fame di sapienza», stabilendo che ciò dovesse avvenire nella città partenopea e proibendo ai suoi sudditi di recarsi a studiare fuori dei confini del regno.
Comparando i numerosi atti costitutivi delle università europee, si ha la netta impressione che quello promulgato da Casimiro di Polonia sia uno dei più saggi e lungimiranti, poiché incoraggiava la fruttuosa collaborazione tra studenti vogliosi d’imparare e docenti desiderosi, e capaci, d’insegnare. Praesum et subsum, soleva dire Ugolino Gosio, insigne maestro dello studium bolognese, per definire il suo rapporto con gli allievi: «li guido, e sono al loro servizio».
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Ettore Cinnella, specialista di storia russa e allievo della Scuola Normale Superiore, ha insegnato per molti anni Storia contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa. Ha scritto numerosi saggi di storia russa e di storia moderna e contemporanea, tradotti in diverse lingue.
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